La storia del vino si perde nella notte dei tempi. Il termine vino si fa risalire a diverse etimologie, tutte testimonianti provenienze lontane nel tempo e anche nello spazio. Suggestiva l’origine che lega il vino all’amore: la parola vino ha origine dal verbo sanscrito vena, il cui significato è amare e da cui sarebbe derivato anche il latino Venus, il nome della dea Venere. Il verbo sanscrito a sua volta, deriverebbe da un’antica radice indoeuropea wino, cui sarebbero legati anche i termini greci ...
oînos e voinos. Dal latino vinum, anche attraverso rielaborazioni di lingue celtiche, hanno avuto origine diversi termini di altre lingue.
Altri studiosi legano il termine vino al sanscrito vi (attorcigliarsi), come frutto della pianta che si attorciglia; altri ancora lo fanno risalire alla radice ebraica iin, da cui sarebbero derivati il greco oînos e il latino vinum.
Storia e leggenda si intrecciano nella ricerca delle origini della vite. Ci sono testimonianze remotissime, ma ormai è accertato che cinquemila anni fa la produzione del vino avveniva già su larga scala. In Toscana, a Montevarchi, sono stati rinvenuti fossili di tralci di vite, contenuti in depositi di lignite e risalenti a circa due milioni di anni fa.
Sarebbe stata una scoperta casuale a far notare la fermentazione naturale in depositi contenenti uva e già nel Neolitico il vino sarebbe stato degustato come bevanda. Nel villaggio neolitico di Haiji Firuz Tepe, nell'Iran del nord, una recente missione archeologica dell'Università americana della Pennsylvania ha scoperto una giara di terracotta di nove litri, con depositi di una sostanza secca derivante da grappoli di uva. La produzione del vino sarebbe avvenuta inizialmente circa diecimila anni fa, in un’area del Caucaso. Sono molte le testimonianze sulla vite come simbolo della vita umana: seimila anni fa i Sumeri simboleggiavano l’esistenza come una foglia di vite.
Le prime testimonianze scritte sulla coltivazione della vite risalgono al 1700 a.C. e con la civiltà egizia si sviluppa la coltivazione della vite e la produzione di vino. Una pittura di una tomba tebana della XVII dinastia (15552-1306 a.C.) raffigura due contadini che colgono grappoli di uva da una pergola, mentre altre quattro persone pigiano l’uva in un grande tino e un’altra raccoglie nei recipienti il mosto appena spremuto.
Nella Bibbia si parla del vino in Genesi 9,20-27 e se ne fa risalire la produzione a Noè, che dopo il diluvio universale, avrebbe piantato una vigna e avrebbe bevuto vino fino ad ubriacarsi. L’ebbrezza di Noè, di Lot e delle sue figlie è diventata simbolo di dissolutezza e corruzione. Gli Ebrei consideravano la vite “uno dei beni più preziosi dell’uomo” (libro I dei Re) ed esaltavano il vino che “rallegra il cuore del mortale” (Salmo 104,15).
Nel Nuovo Testamento il vino è legato al miracolo di Gesù Cristo a Cana e, soprattutto, alla scelta del vino come sacramento dell'Eucarestia e segno della “nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per molti in remissione dei peccati" (Vangelo di Matteo 26,28).
La coltivazione della vite si afferma lungo le coste a nord del Mediterraneo. Ciro il Grande di Persia invade i territori della Media ricca di campi e di vigneti; la civiltà cretese e micenea dà grande valore al vino che, attraverso i Greci e i Fenici, si diffonde in Occidente.
Nel mondo greco il vino è considerato un dono degli dei e gli antichi miti attribuiscono l’introduzione della coltura della vite tra gli uomini a Dionisio, dio del vino, il più giovane figlio immortale di Zeus. Nei poemi omerici ci sono molte citazioni sull’ importanza del vino e nell’Odissea “a Polifemo viene fatto bere puro un vino che usualmente era diluito con 16 parti d’acqua”, mentre nella regia di Ulisse a Itaca “vasi di vino vecchio, dolce da bere” sono presenti nella sala del tesoro. I temi connessi al vino sono i protagonisti incontrastati della pittura vascolare greca.
Il vino diventa un prodotto comune e quotidiano nell'Impero Romano, quando la coltivazione si estende e cresce notevolmente il consumo di vino. Il panorama di Roma antica presenta anche le tabernae, locali analoghi alle nostre osterie, dove si vendeva vino al dettaglio. Plinio parla di ben ottanta qualità di vino nella sola capitale: il più apprezzato era il Falerno; Orazio elogia il Caleno e il Cecubo, prodotto presso Fondi; Marziale esalta l’Albano. Sparse nel territorio dell’Impero c’erano anche le popinae, sorta di trattorie, dove si mangiava e beveva vino al tavolo, e le cauponae, osterie di campagna lungo le strade, dove sostavano i viaggiatori e c’erano anche stalle per i cavalli.
La decadenza dell’Impero Romano porta la crisi anche nella coltivazione della vite, che riprenderà soprattutto con i monaci benedettini e cistercensi. Nella Regola di San Benedetto si legge che “ai monaci il vino assolutamente non conviene; pure, perché ai nostri tempi è difficile che i monaci ne siano persuasi, anche a ciò consentiamo, in modo però che non si beva fino alla sazietà”.
Nel Medioevo si mettono a punto le tecniche di coltivazione e produzione che saranno applicate senza significative modificazioni fino al Settecento, quando si affermeranno i caratteri moderni dell’enologia, si stabilizzeranno qualità e gusto dei vini e si introdurranno bottiglie di vetro e tappi di sughero.
Nell’Ottocento si diffondono alcune malattie della vite provenienti dall’America, come la fillossera e lo iodio (detto anche mal bianco o albugine) che distruggono estesi vigneti. Si comincia allora a innestare i vitigni sfuggiti all’epidemia su viti di origine americana resistenti ai parassiti e si comincia anche a utilizzare lo zolfo e altri prodotti fitosanitari.
Nel Novecento la Francia inizia a introdurre norme che regolano la produzione, come l’origine controllata e la definizione dei territori di produzione, e aumenta notevolmente la qualità del vino sacrificando però la quantità. La millenaria storia del vino è ancora di grande attualità nel nostro Paese, che è ormai il primo produttore al mondo: una storia che collega l’Italia attuale all’antichità quando il suo nome era Enotria, ossia la terra del vino. (Felice d'Adamo)
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